In pratica per ottenere il famoso
Diritto all’oblio, la sentenza
n. 6806/2023, la Suprema Corte di Cassazione sancisce un principio secondo
cui la testata giornalistica ha l’obbligo di cancellazione/aggiornamento della
notizia, solo dopo la richiesta dell’interessato. Questa guida Cristian Nardi
Fondatore della Privacy Garantita
ci guida su come fare per cancellare notizie da Google appenandoci alle
leggi vigenti del garante della privacy
Sommario:
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Il diritto “per cancellare notizie da google”
·
Diritto all’oblio e dati personali
·
Diritto all’oblio vs. Suprema Corte di
Cassazione
·
Considerazioni finali sulla rimozione dei datyi
1. Il diritto “ad essere dimenticati”
Il termine oblio deriva dal latino oblivium,
costituito da ob (verso) e dalla radice liv (scolorire, divenire oscuro);
sostanzialmente indica un fenomeno in base al quale la traccia dei ricordi si
frammenta, fino alla lor completa perdita. Potremmo, infatti, dire che sia un
sinonimo del termine “dimenticanza”. In ambito giuridico, comunemente
conosciuto è il diritto ad essere “dimenticati”, ossia a non essere più
ricordati dall’opinione pubblica, per fatti che in passato sono stati oggetto
di cronaca.
Quindi Eliminare una notizia diritto alla riservatezza (o
privacy), inteso come il diritto di ottenere la cancellazione dei propri dati
personali che sono stati resi pubblici (Cass. civ., Sez. III, 09/04/1998, n.
3679).
Il diritto all’oblio, applicato all’attuale era digitale,
consiste nella rimozione dei documenti e dei link che riandano a un contenuto
online che un soggetto ritiene dannoso.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5525/2012 ha
specificato cos’è il diritto all’oblio, configurandolo come il diritto “a che
non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo
risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati”.
Tale diritto, inoltre, va messo in relazione con gli altri
diritti della personalità, in particolare l’onore e la reputazione. Infatti, la
Cassazione, nella sentenza 3679/1998 ha qualificato il diritto all’oblio come
“giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai
danni ulteriori che arrecano al suo onore e alla sua reputazione la reiterata
pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”.
Il diritto all’oblio riguarda il trattamento dei dati
personali: in presenza di determinate condizioni, il soggetto può ottenerne la
cancellazione da parte del titolare del trattamento.
In caso di pubblicazione su quotidiani , il diritto
all’oblio consiste anche nel diritto che le informazioni personali non siano
ulteriormente diffuse; lo scopo è evitare l’esposizione della persona
interessata ad affrontare una “gogna mediatica”.
Si pensi, ad esempio, alla pubblicazione di una notizia di
cronaca giudiziaria sull’arresto di una persona, la cui condanna viene poi
espiata. La pubblicazione della notizia (l’arresto) è tutelata dal
diritto all’informazione dei consociati, ma se dopo vari anni dalla fine del
processo l’articolo non viene aggiornato o rimosso, l’interessato rischia di
continuare a subire, in modo ingiustificato, un’aggressione al proprio onore ed
alla propria reputazione.
Questo è di base il fondamento di una recente pronuncia
della Corte di Cassazione e di una nuova prospettiva del diritto all’oblio.
2. Diritto all’oblio e dati personali
Una protezione più stringente in materia è offerta dal
Regolamento UE n. 2016/679 sulla “protezione delle persone e la rimozione di notizi e negative fisiche con riguardo
al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali
dati” (meglio conosciuto come GDPR
o RGPD).
L’art. 17 GDPR prevede, a certe condizioni, il diritto a
chiedere la rimozione dei dati personali dalla pubblicazione di una notizia sul
web. In particolare, il comma 1 dell’art. 17 GDPR prevede il diritto alla
cancellazione dei dati personali, indipendentemente dal fatto che essi siano
stati resi pubblici o meno, “se sussiste uno dei motivi seguenti:
a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle
finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
·
b) l’interessato revoca il consenso (…), e se
non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
·
c) l’interessato si oppone al trattamento (…);
·
d) i dati personali sono stati trattati
illecitamente;
·
e) i dati personali devono essere cancellati per
adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato
membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
·
f) i dati personali sono stati raccolti
relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui
all’articolo 8, paragrafo 1.”
In questi casi, l’interessato (ossia la persona a cui le
informazioni personali si riferiscono) può chiedere al titolare del trattamento
(ossia il soggetto che “tratta” le informazioni) di cancellare i propri dati
personali e, questo, indipendentemente dal fatto che i dati siano trattati
“pubblicamente”.
Il comma 3 dell’art 17 GDPR stabilisce che non si procede
alla cancellazione, “nella misura in cui il trattamento sia necessario:
·
per l’esercizio del diritto alla libertà di
espressione e di informazione;
·
per l’adempimento di un obbligo giuridico (…);
·
per motivi di interesse pubblico nel settore
della sanità pubblica (…);
·
a fini di archiviazione nel pubblico interesse,
di ricerca scientifica o storica o a fini statistici (…);
·
per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di
un diritto in sede giudiziaria.”
Pertanto, nell’ipotesi di una notizia web pubblicata
nell’esercizio del diritto di cronaca, il diritto all’oblio soccombe di fronte
al diritto all’informazione.
Infine, l’art. 21 comma 1 GDPR prevede che “L’interessato ha
il diritto di opporsi in qualsiasi momento, per motivi connessi alla sua
situazione particolare, al trattamento dei dati personali che lo riguardano ai
sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere e) o f), (…).” E cioè quando il
trattamento è necessario: “per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico
o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del
trattamento” (art. 6 comma 1 lett. e) GDPR), oppure “per il
perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi,
a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà
fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali,
in particolare se l’interessato è un minore” (art. 6 comma 1 lett. f) GDPR).
Il comma 6 dell’art. 21 stabilisce poi che “qualora i dati
personali siano trattati a fini di ricerca scientifica o storica o a fini
statistici a norma dell’articolo 89, paragrafo 1, l’interessato, per motivi
connessi alla sua situazione particolare, ha il diritto di opporsi al
trattamento di dati personali che lo riguardano, salvo se il trattamento è
necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico.”
Pertanto, il GDPR stabilisce il diritto alla non
pubblicazione dei dati personali all’interno di una notizia sul web o nei
tradizionali canali di informazione.
3. Diritto all’oblio, cosa dice la Suprema Corte di
Cassazione
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 6806 del 7 marzo
2023, è intervenuta in merito ad una contesa legata al diritto all’oblio,
ribadendo quanto già espresso nella ordinanza del 31 gennaio n. 2893/2023 e
nell’ordinanza n.6116/2023.
Si specifica, infatti, che: “il gestore di un sito web non è
tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla cancellazione, alla
deindicizzazione o all’aggiornamento di un articolo di stampa, a suo tempo
legittimamente pubblicato, anche se relativo a fatti risalenti nel tempo, se
non c’è un’esplicita richiesta.
Solo su domanda dell’interessato scatta per il gestore
l’obbligo di provvedere «senza indugio».
Questo è quanto stabilito dalla sentenza n. 6806/2023 della
Cassazione civile. (Cass. civ., sezione I, sentenza 7 marzo 2023, n. 6806).
La Suprema Corte ribadisce che non può gravare su chi dà la
notizia l’obbligo di aggiornamento rispetto alle vicende di cui ha scritto.
Tuttavia, tale sentenza prende le mosse dal seguente caso – che,
necessariamente, bisogna esaminare per una maggiore comprensione del tema in
questione.
La vicenda riguarda un uomo, risiedente a Perugia da oltre
15 anni, lì trasferitosi dopo aver espiato una condanna per reati in materia di
stupefacenti. Tuttavia, a seguito della condanna, il giovane aveva cambiato
città per ragioni di riservatezza, ma la notizia del suo arresto risultava
facilmente reperibile in rete; ciò gli avrebbe creato numerosi problemi, nel
nuovo contesto di vita, con relazioni amicali, sociali ed affettive.
Dunque, la notizia delle sue precedenti vicissitudini –
rimasta ben visibile sul sito web di una agenzia di stampa – aveva condotto
alla conoscenza dei fatti la sua compagna, la quale a seguito di una casuale
ricerca per il tramite del motore di ricerca Google, venne a conoscenza del
fatto, decidendo di interrompere la relazione. Questo è un dato essenziale
della vicenda poiché a seguito di ciò, l’uomo si era rivolto alla testata
giornalistica online per chiedere l’immediata cancellazione della notizia che lo
riguardava e il risarcimento del danno subito a seguito della permanenza nel
web di una notizia oramai non più attuale e non più corrispondente alla sua
persona.
Dal canto suo, la testata giornalistica replicò –
inizialmente - che al momento della pubblicazione la notizia possedeva i
caratteri di verità, continenza ed attualità richiesti, evidenziando, però, di
aver provveduto alla tempestiva rimozione dell’articolo non appena ricevuta la
richiesta dell’interessato, poiché precedentemente alla sua richiesta, essa non
poteva esserne obbligata, sostenendo che non può gravare sulla testata l’onere
di rimuovere d’iniziativa le notizie che nel tempo hanno perduto di attualità
ed interesse.
Tuttavia, rimaneva insoluta la questione del risarcimento
del danno.
L’agenzia, inoltre, ricevette l’appoggio del Tribunale di
Perugia, poiché i giudici di primo grado convennero che la tutela del diritto
all’oblio non comportasse - automaticamente - in capo ad una testata
giornalistica l’obbligo di rimozione o deindicizzazione della notizia, ossia
un’operazione sostanzialmente differente dalla rimozione o cancellazione di un
contenuto. La deindicizzazione, infatti, non elimina, bensì rende il contenuto
non direttamente accessibile tramite i motori di ricerca esterni all’archivio
in cui quel contenuto si trova. Secondo il Tribunale, infatti, “sarebbe gravoso
imporre a tutti i content provider un obbligo di controllo e aggiornamento
delle notizie che potrebbero perdere attualità e rilevanza, sicché si deve
ritenere che la responsabilità del gestore dell’archivio digitale sussista solo
quando vi sia un’inerzia a fronte della richiesta dell’interessato”.
Un altro dato importante della vicenda riguardava l’idea del
ricorrente, secondo cui la stessa agenzia avrebbe dovuto provvedere alla
cancellazione della notizia, autonomamente e tempestivamente, dal momento in
cui la notizia stessa aveva perso la sua originaria valenza informativa.
La Cassazione si interrogava se l’obbligo di intervento del
Titolare del sito web dovesse prendere l’avvio da una specifica richiesta
dell’Interessato o se preesistesse per il solo fatto che la notizia è divenuta
inattuale, per effetto del decorso del tempo; in tale ultimo caso, peraltro, si
configurerebbe una responsabilità risarcitoria per non avervi provveduto anche
in caso di mancanza da parte dell’interessato di una richiesta specifica di
cancellazione, deindicizzazione o aggiornamento di articoli di stampa.
La Corte, rigettando il ricorso, statuì su: le misure a
tutela del diritto all’oblio, i presupposti per la tutela al diritto all’oblio
e il ruolo delle parti coinvolte.
Infatti, la Corte rigettava il ricorso, basando la propria
decisione sulla impossibilità di poter esigere un obbligo generalizzato di
controllo sull’attualità delle informazioni presenti sul web.
Venne ritenuto corretto quanto statuito dal Tribunale di
Perugia, che già in sede di primo grado aveva delineato un obbligo di
intervento tempestivo da parte del gestore del sito, basato – appunto - su una
richiesta specifica dell’Interessato, comprovante il divario tra l’immagine
pregressa e quella attuale.
La ratio di questo principio risiede nel bilanciamento delle
parti in gioco; sarebbe, infatti, troppo gravoso un onere di controllo e
aggiornamento in capo a chi gestisce un sito di notizie online (in tal caso,
l’agenzia di stampa). La responsabilità di aggiornare, cancellare o
deindicizzare gli articoli di stampa pregressi e non più attuali si ha solo
dopo che la richiesta di cancellazione o aggiornamento degli stessi sia stata
fatta dall’interessato che dovrà dimostrare, anche, l’inesattezza delle informazioni
e solo in caso di inadempimento potranno essere avanzate pretese risarcitorie.
In tali circostanze, il gestore del motore di ricerca è
tenuto ad accogliere la richiesta di deindicizzazione.
La Corte ha quindi statuito che «in tema di trattamento dei
dati personali e di diritto all'oblio, anche nel regime precedente al
Regolamento UE 27.4.2016 n. 679 (GDPR), applicabile ratione temporis, il
gestore di un sito web non è tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla
cancellazione, alla deindicizzazione o all'aggiornamento di un articolo di
stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, ancorché relativo a fatti
risalenti nel tempo, in difetto di richiesta dell'interessato che è la sola a
far scaturire in capo al gestore l'obbligo di provvedere senza indugio».
Dunque, con la sentenza 6806/2023 la Cassazione respinge la
pretesa del ricorrente di essere risarcito per il danno derivante dalla
disponibilità on line, sul sito di un'agenzia di stampa, della notizia del suo
arresto.
4. Considerazioni finali
Sul piano pratico, potremmo dire che l’esercizio del diritto
all’oblio è connesso a due aspetti: il primo riguarda la cancellazione di
notizie dal web ed ottenere la cancellazione del proprio nome e di altri dati
personali da elenchi, archivi, o registri, il secondo è ottenere la rimozione
da motori di ricerca, in relazione ad articoli o documenti che riportano fatti
e notizie non più attuali o comunque privi di interesse sociale.
Nella vicenda sopra analizzata, in relazione alla suddetta
sentenza, ciò che si ribadisce è sicuramente un aspetto rilevante della società
odierna: lo sviluppo dei canali di informazione su internet.
Questa sentenza fissa un aspetto fondamentale: le testate
giornalistiche possono pubblicare legittimamente notizie di carattere
giudiziario che siano attuali e di interesse e le persone in esse citate
possono chiedere un aggiornamento delle notizie, a seguito degli sviluppi
giudiziari, e le testate sono tenute a provvedere tempestivamente in tal senso.
Solo in presenza di un inadempimento di questo dovere, la testata giornalistica
in questione potrà essere ritenuta responsabile e sarà dovuto un risarcimento
del danno. In assenza di una specifica richiesta da parte dell’interessato, le
testate non hanno alcun obbligo di provvedere all’aggiornamento/cancellazione
della notizia.