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diritto all'oblio Google

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2024-05-31 12:50:57 Visualizzazioni: 28



In pratica per ottenere il famoso Diritto all’oblio,  la sentenza n. 6806/2023, la Suprema Corte di Cassazione sancisce un principio secondo cui la testata giornalistica ha l’obbligo di cancellazione/aggiornamento della notizia, solo dopo la richiesta dell’interessato. Questa guida Cristian Nardi Fondatore della Privacy Garantita ci guida su come fare per cancellare notizie da Google appenandoci alle leggi vigenti del garante della privacy

Sommario:

·         Il diritto “per cancellare notizie da google”

·         Diritto all’oblio e dati personali

·         Diritto all’oblio vs. Suprema Corte di Cassazione

·         Considerazioni finali sulla rimozione dei datyi

 

1. Il diritto “ad essere dimenticati”

Il termine oblio deriva dal latino oblivium, costituito da ob (verso) e dalla radice liv (scolorire, divenire oscuro); sostanzialmente indica un fenomeno in base al quale la traccia dei ricordi si frammenta, fino alla lor completa perdita. Potremmo, infatti, dire che sia un sinonimo del termine “dimenticanza”. In ambito giuridico, comunemente conosciuto è il diritto ad essere “dimenticati”, ossia a non essere più ricordati dall’opinione pubblica, per fatti che in passato sono stati oggetto di cronaca.

Quindi Eliminare una notizia diritto alla riservatezza (o privacy), inteso come il diritto di ottenere la cancellazione dei propri dati personali che sono stati resi pubblici (Cass. civ., Sez. III, 09/04/1998, n. 3679).

Il diritto all’oblio, applicato all’attuale era digitale, consiste nella rimozione dei documenti e dei link che riandano a un contenuto online che un soggetto ritiene dannoso.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5525/2012 ha specificato cos’è il diritto all’oblio, configurandolo come il diritto “a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati”.

Tale diritto, inoltre, va messo in relazione con gli altri diritti della personalità, in particolare l’onore e la reputazione. Infatti, la Cassazione, nella sentenza 3679/1998 ha qualificato il diritto all’oblio come “giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arrecano al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”.

Il diritto all’oblio riguarda il trattamento dei dati personali: in presenza di determinate condizioni, il soggetto può ottenerne la cancellazione da parte del titolare del trattamento.

In caso di pubblicazione su quotidiani , il diritto all’oblio consiste anche nel diritto che le informazioni personali non siano ulteriormente diffuse; lo scopo è evitare l’esposizione della persona interessata ad affrontare una “gogna mediatica”.

Si pensi, ad esempio, alla pubblicazione di una notizia di cronaca giudiziaria sull’arresto di una persona, la cui condanna viene poi espiata. La pubblicazione della notizia (l’arresto) è tutelata dal diritto all’informazione dei consociati, ma se dopo vari anni dalla fine del processo l’articolo non viene aggiornato o rimosso, l’interessato rischia di continuare a subire, in modo ingiustificato, un’aggressione al proprio onore ed alla propria reputazione.

Questo è di base il fondamento di una recente pronuncia della Corte di Cassazione e di una nuova prospettiva del diritto all’oblio.

2. Diritto all’oblio e dati personali

Una protezione più stringente in materia è offerta dal Regolamento UE n. 2016/679 sulla “protezione delle persone e la rimozione di notizi e negative  fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati” (meglio conosciuto come GDPR o RGPD).

L’art. 17 GDPR prevede, a certe condizioni, il diritto a chiedere la rimozione dei dati personali dalla pubblicazione di una notizia sul web. In particolare, il comma 1 dell’art. 17 GDPR prevede il diritto alla cancellazione dei dati personali, indipendentemente dal fatto che essi siano stati resi pubblici o meno, “se sussiste uno dei motivi seguenti:

a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;

·         b) l’interessato revoca il consenso (…), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;

·         c) l’interessato si oppone al trattamento (…);

·         d) i dati personali sono stati trattati illecitamente;

·         e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;

·         f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.”

 

In questi casi, l’interessato (ossia la persona a cui le informazioni personali si riferiscono) può chiedere al titolare del trattamento (ossia il soggetto che “tratta” le informazioni) di cancellare i propri dati personali e, questo, indipendentemente dal fatto che i dati siano trattati “pubblicamente”.

Il comma 3 dell’art 17 GDPR stabilisce che non si procede alla cancellazione, “nella misura in cui il trattamento sia necessario:

·         per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;

·         per l’adempimento di un obbligo giuridico (…);

·         per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica (…);

·         a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici (…);

·         per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.”

Pertanto, nell’ipotesi di una notizia web pubblicata nell’esercizio del diritto di cronaca, il diritto all’oblio soccombe di fronte al diritto all’informazione.

Infine, l’art. 21 comma 1 GDPR prevede che “L’interessato ha il diritto di opporsi in qualsiasi momento, per motivi connessi alla sua situazione particolare, al trattamento dei dati personali che lo riguardano ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere e) o f), (…).” E cioè quando il trattamento è necessario: “per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento” (art. 6 comma 1 lett. e) GDPR), oppure “per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore” (art. 6 comma 1 lett. f) GDPR).

Il comma 6 dell’art. 21 stabilisce poi che “qualora i dati personali siano trattati a fini di ricerca scientifica o storica o a fini statistici a norma dell’articolo 89, paragrafo 1, l’interessato, per motivi connessi alla sua situazione particolare, ha il diritto di opporsi al trattamento di dati personali che lo riguardano, salvo se il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico.”

 

Pertanto, il GDPR stabilisce il diritto alla non pubblicazione dei dati personali all’interno di una notizia sul web o nei tradizionali canali di informazione.

3. Diritto all’oblio, cosa dice la Suprema Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 6806 del 7 marzo 2023, è intervenuta in merito ad una contesa legata al diritto all’oblio, ribadendo quanto già espresso nella ordinanza del 31 gennaio n. 2893/2023 e nell’ordinanza n.6116/2023.

Si specifica, infatti, che: “il gestore di un sito web non è tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla cancellazione, alla deindicizzazione o all’aggiornamento di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, anche se relativo a fatti risalenti nel tempo, se non c’è un’esplicita richiesta.

Solo su domanda dell’interessato scatta per il gestore l’obbligo di provvedere «senza indugio».

Questo è quanto stabilito dalla sentenza n. 6806/2023 della Cassazione civile. (Cass. civ., sezione I, sentenza 7 marzo 2023, n. 6806).

La Suprema Corte ribadisce che non può gravare su chi dà la notizia l’obbligo di aggiornamento rispetto alle vicende di cui ha scritto. Tuttavia, tale sentenza prende le mosse dal seguente caso – che, necessariamente, bisogna esaminare per una maggiore comprensione del tema in questione.

La vicenda riguarda un uomo, risiedente a Perugia da oltre 15 anni, lì trasferitosi dopo aver espiato una condanna per reati in materia di stupefacenti. Tuttavia, a seguito della condanna, il giovane aveva cambiato città per ragioni di riservatezza, ma la notizia del suo arresto risultava facilmente reperibile in rete; ciò gli avrebbe creato numerosi problemi, nel nuovo contesto di vita, con relazioni amicali, sociali ed affettive.

Dunque, la notizia delle sue precedenti vicissitudini – rimasta ben visibile sul sito web di una agenzia di stampa – aveva condotto alla conoscenza dei fatti la sua compagna, la quale a seguito di una casuale ricerca per il tramite del motore di ricerca Google, venne a conoscenza del fatto, decidendo di interrompere la relazione. Questo è un dato essenziale della vicenda poiché a seguito di ciò, l’uomo si era rivolto alla testata giornalistica online per chiedere l’immediata cancellazione della notizia che lo riguardava e il risarcimento del danno subito a seguito della permanenza nel web di una notizia oramai non più attuale e non più corrispondente alla sua persona.

Dal canto suo, la testata giornalistica replicò – inizialmente - che al momento della pubblicazione la notizia possedeva i caratteri di verità, continenza ed attualità richiesti, evidenziando, però, di aver provveduto alla tempestiva rimozione dell’articolo non appena ricevuta la richiesta dell’interessato, poiché precedentemente alla sua richiesta, essa non poteva esserne obbligata, sostenendo che non può gravare sulla testata l’onere di rimuovere d’iniziativa le notizie che nel tempo hanno perduto di attualità ed interesse.

Tuttavia, rimaneva insoluta la questione del risarcimento del danno.

L’agenzia, inoltre, ricevette l’appoggio del Tribunale di Perugia, poiché i giudici di primo grado convennero che la tutela del diritto all’oblio non comportasse - automaticamente - in capo ad una testata giornalistica l’obbligo di rimozione o deindicizzazione della notizia, ossia un’operazione sostanzialmente differente dalla rimozione o cancellazione di un contenuto. La deindicizzazione, infatti, non elimina, bensì rende il contenuto non direttamente accessibile tramite i motori di ricerca esterni all’archivio in cui quel contenuto si trova. Secondo il Tribunale, infatti, “sarebbe gravoso imporre a tutti i content provider un obbligo di controllo e aggiornamento delle notizie che potrebbero perdere attualità e rilevanza, sicché si deve ritenere che la responsabilità del gestore dell’archivio digitale sussista solo quando vi sia un’inerzia a fronte della richiesta dell’interessato”.

Un altro dato importante della vicenda riguardava l’idea del ricorrente, secondo cui la stessa agenzia avrebbe dovuto provvedere alla cancellazione della notizia, autonomamente e tempestivamente, dal momento in cui la notizia stessa aveva perso la sua originaria valenza informativa.

La Cassazione si interrogava se l’obbligo di intervento del Titolare del sito web dovesse prendere l’avvio da una specifica richiesta dell’Interessato o se preesistesse per il solo fatto che la notizia è divenuta inattuale, per effetto del decorso del tempo; in tale ultimo caso, peraltro, si configurerebbe una responsabilità risarcitoria per non avervi provveduto anche in caso di mancanza da parte dell’interessato di una richiesta specifica di cancellazione, deindicizzazione o aggiornamento di articoli di stampa.

La Corte, rigettando il ricorso, statuì su: le misure a tutela del diritto all’oblio, i presupposti per la tutela al diritto all’oblio e il ruolo delle parti coinvolte.

Infatti, la Corte rigettava il ricorso, basando la propria decisione sulla impossibilità di poter esigere un obbligo generalizzato di controllo sull’attualità delle informazioni presenti sul web.

Venne ritenuto corretto quanto statuito dal Tribunale di Perugia, che già in sede di primo grado aveva delineato un obbligo di intervento tempestivo da parte del gestore del sito, basato – appunto - su una richiesta specifica dell’Interessato, comprovante il divario tra l’immagine pregressa e quella attuale.

La ratio di questo principio risiede nel bilanciamento delle parti in gioco; sarebbe, infatti, troppo gravoso un onere di controllo e aggiornamento in capo a chi gestisce un sito di notizie online (in tal caso, l’agenzia di stampa). La responsabilità di aggiornare, cancellare o deindicizzare gli articoli di stampa pregressi e non più attuali si ha solo dopo che la richiesta di cancellazione o aggiornamento degli stessi sia stata fatta dall’interessato che dovrà dimostrare, anche, l’inesattezza delle informazioni e solo in caso di inadempimento potranno essere avanzate pretese risarcitorie.

In tali circostanze, il gestore del motore di ricerca è tenuto ad accogliere la richiesta di deindicizzazione.

La Corte ha quindi statuito che «in tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio, anche nel regime precedente al Regolamento UE 27.4.2016 n. 679 (GDPR), applicabile ratione temporis, il gestore di un sito web non è tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla cancellazione, alla deindicizzazione o all'aggiornamento di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, ancorché relativo a fatti risalenti nel tempo, in difetto di richiesta dell'interessato che è la sola a far scaturire in capo al gestore l'obbligo di provvedere senza indugio».

Dunque, con la sentenza 6806/2023 la Cassazione respinge la pretesa del ricorrente di essere risarcito per il danno derivante dalla disponibilità on line, sul sito di un'agenzia di stampa, della notizia del suo arresto.

4. Considerazioni finali

Sul piano pratico, potremmo dire che l’esercizio del diritto all’oblio è connesso a due aspetti: il primo riguarda la cancellazione di notizie dal web ed ottenere la cancellazione del proprio nome e di altri dati personali da elenchi, archivi, o registri, il secondo è ottenere la rimozione da motori di ricerca, in relazione ad articoli o documenti che riportano fatti e notizie non più attuali o comunque privi di interesse sociale.

Nella vicenda sopra analizzata, in relazione alla suddetta sentenza, ciò che si ribadisce è sicuramente un aspetto rilevante della società odierna: lo sviluppo dei canali di informazione su internet.

Questa sentenza fissa un aspetto fondamentale: le testate giornalistiche possono pubblicare legittimamente notizie di carattere giudiziario che siano attuali e di interesse e le persone in esse citate possono chiedere un aggiornamento delle notizie, a seguito degli sviluppi giudiziari, e le testate sono tenute a provvedere tempestivamente in tal senso. Solo in presenza di un inadempimento di questo dovere, la testata giornalistica in questione potrà essere ritenuta responsabile e sarà dovuto un risarcimento del danno. In assenza di una specifica richiesta da parte dell’interessato, le testate non hanno alcun obbligo di provvedere all’aggiornamento/cancellazione della notizia.

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