Diritto all'oblio e Collaboratori di Giustizia: Il Caso del Documentario su Rita Atria
Il documentario della giornalista Rai Giovanna Cucè, intitolato “Rita Atria, la settima vittima”, è tornato disponibile su RaiPlay dopo essere stato temporaneamente rimosso a causa di numerose diffide e richieste di risarcimento danni. Il reportage racconta la complessa storia di Rita Atria, una giovane testimone di giustizia contro Cosa Nostra e protetta di Paolo Borsellino, dichiarata morta suicida a soli diciassette anni, una settimana dopo la strage di Via D’Amelio. Questo lavoro si basa sul libro “Io sono Rita: la settima vittima di via D’Amelio”, scritto dalla stessa Giovanna Cucè insieme a Nadia Furnari e Graziella Proto, entrambe attiviste antimafia. L’associazione antimafia Rita Atria ha richiesto la riapertura delle indagini alla Procura di Roma, grazie alle nuove rivelazioni presenti nel testo.
Rita Atria, originaria di Partanna, decise di denunciare la rete mafiosa che aveva ucciso suo padre e suo fratello, portando alla giustizia 50 persone. Per proteggerla, fu nascosta in un appartamento a Roma sotto la protezione della squadra di Paolo Borsellino, che divenne una figura paterna per lei. Sette giorni dopo la morte di Borsellino, Rita cadde dalla finestra del suo appartamento. La sua morte fu subito archiviata come suicidio, ma il libro e il documentario suggeriscono che ci furono gravi negligenze nelle indagini.
La rimozione temporanea del documentario dalla piattaforma RaiPlay è stata causata dalla presenza di immagini di una retata antimafia avvenuta trent'anni fa a Partanna, in cui erano visibili i volti degli arrestati. Tre di queste persone (un condannato, uno assolto in appello e uno mai condannato) hanno denunciato la Rai per presunta violazione del diritto all'oblio, costringendo l'emittente a censurare i volti prima di ripubblicare il reportage.
Il Diritto all'Oblio e i Condannati per Mafia
La questione solleva una domanda cruciale: può una persona condannata per mafia richiedere che il suo nome non venga più menzionato pubblicamente? Il diritto all'oblio, previsto dall'art. 17 del GDPR (Regolamento UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali), è stato creato per tutelare la privacy degli individui, ma non si applica quando entra in conflitto con l'esercizio della libertà di espressione e di informazione, o con fini di archiviazione nel pubblico interesse, ricerca scientifica o storica. Pertanto, ex condannati per mafia non possono rivendicare il diritto all'oblio, poiché la questione mafiosa rimane di rilevante interesse pubblico.
La Reazione e le Implicazioni
L'Ordine dei Giornalisti ha espresso preoccupazione per l'utilizzo strumentale del diritto all'oblio come forma di censura, che compromette il diritto di espressione e il dovere di informare dei giornalisti. In una dichiarazione, l'Ordine ha sottolineato la necessità di impedire la cancellazione della memoria storica dell'Italia e di proteggere il giornalismo d'inchiesta dalle pressioni legali.
L’associazione antimafia Rita Atria e la testata LeSiciliane hanno ringraziato la Rai e il TG1 per aver reso nuovamente disponibile il reportage, nonostante le sfide legali. Hanno lanciato un appello alla politica per preservare la memoria collettiva e sostenere il lavoro dei giornalisti nel portare alla luce fatti storici importanti per comprendere il presente e ottenere giustizia.
Questo caso evidenzia una pericolosa tendenza nell'uso del diritto all'oblio per sopprimere informazioni di pubblico interesse, ostacolando il lavoro dei giornalisti e minando la trasparenza e la memoria storica.